Supera il tabù del fallimento!

Ciao Pilota,
In questa articolo ti parlerò di un tema che è un vero e proprio tabù… non sono impazzito, e non ribattezzerò il mio blog “Pilota del mio sesso…”
Il tema è quello del fallimento. Fallire in un business, in un attività commerciale o fallire in generale.

In aviazione c’è una manovra che si chiama riattaccata (in inglese go-around) che mette a dura prova le capacità di prendere delle decisioni del pilota, il suo orgoglio e anche quella di ammettere un errore.
Tale manovra consiste nell’interruzione della fase di atterraggio ed un repentino decollo per tornare in circuito e ripetere l’atterraggio.
Questo può avvenire per varie motivazioni: mancanza di riferimenti visivi alla quota minima prevista dalla procedura, condizioni meteo che vengono repentinamente a cambiare, spesso con forti raffiche di vento, ordine dalla torre di controllo a causa della pista di atterraggio improvvisamente ingombra o non idonea in quel momento all’atterraggio ma anche per errore del pilota nel valutare la distanza per l’atterraggio, arrivando quindi lungo sulla pista con poco spazio per arrestare l’aereo.

Con questa manovra il pilota accetta il fallimento del suo avvicinamento e ci riprova, sia per il successo della sua missione ma anche per la sicurezza e l’incolumità dei suoi passeggeri.
Se non fosse in grado di riconoscere il fallimento e continuerebbe la procedura con condizioni non idonee succederebbe un vero e proprio disastro.
Nella mia esperienza di pilota sportivo mi è capitato più di una volta di riattaccare, ogni volta la decisione di farlo mi ha permesso di volare in sicurezza (sia mia che del mio passeggero) e di acquisire la capacità di analisi dei miei errori e di allenarmi nell’umiltà senza pensare alle conseguenze sociali della mia decisione (eventuale derisione di altri piloti che stavano osservando la scena ed eventuale dubbio sulle mie capacità volatorie).

Nella cultura del nostro Paese manca la capacità di ammettere i propri sbagli e trasformarli in momento di crescita. Spesso sbagliare o, peggio ancora, fallire è considerato una vergogna, mentre altrove è un errore da cui imparare, perché il fallimento è inevitabilmente connesso al rischio e senza sconfitte non si raggiunge mai il successo.
Nella mia carriera di imprenditore ho fallito molte volte, ed ogni volta per me è stato doloroso in termini economici e di orgoglio, ma sono state tutte occasioni di crescita dalle quali sono uscito arricchito e dalle quali ho imparato qualcosa di utile per il presente e per il mio futuro imprenditoriale.
Henry Ford diceva “Solo chi non osa, non sbaglia”, e “Ogni fallimento è semplicemente un’opportunità per diventare più intelligenti”. Non fare tesoro dei propri errori, oltre a essere insensato, rende impossibile una crescita: senza autocritica e analisi dei motivi di un fallimento, non si può far altro che continuare a fallire. I business più redditizi nascono da un processo sperimentale basato su prova ed errore. Fallimento e passi falsi sono parte naturale di questo processo. Che tipo di messaggio diamo se colpevolizziamo chi ha avuto il coraggio di provarci e di rischiare?
In alcuni paesi europei ad in particolare in Italia, manca proprio la cultura del fallimento o addirittura ce ne una che ha esclusivamente un accezione negativa.
Forse perché fino a qualche anno fa chi falliva doveva ottenere dal giudice una dichiarazione che lo riabilitasse dalle «incapacità» di natura personale e lo cancellasse da un registro dei falliti e addirittura la legge diceva che l’imprenditore non potesse neanche votare nei 5 anni successivi alla sentenza o allontanarsi dalla sua residenza senza previa autorizzazione del Tribunale.
Al contrario ci sono degli studi che dimostrano che le imprese che devono cominciare da zero una seconda volta ottengono risultati migliori e sopravvivono più a lungo, perché hanno una crescita più rapida e creano un maggior numero di posti di lavoro.

Ci sono dei paesi come gli Stati Uniti in cui la capacità di metabolizzare il fallimento è una delle colonne dell’economia.
Negli Stati Uniti il fallimento non solo è tollerato ma è parte integrante del sistema ed uno step fondamentale nel cammino che porta all’affermazione e al successo.
Ci sono decine di esempi di famosi imprenditori americani che hanno creato i loro successi da clamorosi fallimenti come Henry Ford, John Henry Heinz o Barnum, che diventarono immensamente ricchi anche grazie al fatto che gli venne data l’opportunità di provare, fallire e ricominciare.
Se possiamo immaginare un luogo dove questa cultura viene alimentata e vissuta quotidianamente è sicuramente la Silicon Valley, dove ogni giorno nascono delle start-up gestite da persone che hanno imparato (e molto) dai propri errori. È il caso di successi planetari come Google e Instagram i quali fondatori sono giunti al successo dopo clamorosi flop.

Ciò che distingue la Silicon Valley da altri luoghi non sono le iniziative di successo, ma la capacità di saper gestire il fallimento. Lo sbaglio e l’insuccesso aiutano a innovare!
È che l’America ha un rapporto speciale con il fallimento. Lo rispetta e lo riconosce come qualcosa di importante: da evitare se si può (ma è difficile), però non da considerare mortale. Il fallimento è anche regolatore del mercato, misuratore del merito: caratteristica strutturale e indispensabile del capitalismo. Questo rapporto con il fallimento è una delle qualità che fanno dell’America un Paese a parte, diverso da tutti gli altri e al quale molti, quasi tutti, cercano di assomigliare, a cominciare dal condividerne l’idea che il fallimento non è la fine della strada, ma una semplice curva. L’altra metà del capitalismo tradizionale, l’Europa, Italia in prima fila, ha un’idea differente di che cosa significhi dover abbandonare un progetto, un’impresa e confessarlo in pubblico. Da qualche tempo cerchiamo di scimmiottare gli Stati Uniti ma quando si parla di vera e propria bancarotta le cose cambiano. Ancora oggi, se avete la possibilità di scambiare 2 battute con un business man americano, probabilmente vi racconterà che una delle differenze più profonde tra un suo collega europeo e lui è cioè che il primo non darebbe mai credito a una persona che nella vita è fallita, il secondo non presterebbe denaro a chi non è fallito almeno una volta.

La posizione critica verso il fallimento qui da noi, è una forza negativa che annienta l’imprenditorialità e la creatività, che sacrifica la crescita economica ed i consumi.
In un sondaggio condotto qualche tempo fa da un Associazione di Imprenditori inglese ha scoperto che solo 17 giovani europei su cento ritengono che ci siano opportunità di business disponibili e sono convinti di avere le capacità e le conoscenze per approfittarne. E il 41,9 per cento di loro cita la paura del fallimento come barriera per iniziare un business. Uno svantaggio competitivo considerevole rispetto agli Stati Uniti. Al punto che la Commissione europea ha lanciato vari progetti per affrontare «lo stigma del fallimento negli affari» sulla base del fatto che il 57 per cento degli europei non investirebbe in un business gestito da chi in passato è fallito e il 47 sarebbe meno incline a ordinare beni da qualcuno che ha avuto un crac imprenditoriale. Secondo la Commissione, il 48 per cento degli europei ritiene che «non si dovrebbe creare un’impresa se c’è un rischio che possa fallire».

In Italia dunque oltre che a non esserci un luogo fisico come la Silicon Valley dove c’è il diritto di fallire, manca la forma mentale specialmente nelle nuove leve di imprenditori.
Mi piacerebbe immaginare anche una rivoluzione nel mondo educativo in cui questa mentalità fosse insegnata a partire dalla scuola elementare e che diventasse un nuovo modo di affrontare tutto quello che si fa, imparando dai propri errori e fallimenti e diventando delle persone (oltre che degli imprenditori) migliori.

Ti elenco alcune frasi celebri sul fallimento:

“Aveva la capacità di sentirsi dire di no mille volte, continuando a bussare ad altri usci ancora, pienamente convinto che ci doveva pur essere quello di qualcuno che gli avrebbe detto di sì.”

Anthony Robbins

“Nella vita le sconfitte sono le svolte migliori. Perché costringono a pensare in modo diverso e creativo”.

Steve Jobs

“Non mi scoraggio perché ogni tentativo sbagliato scartato è un altro passo avanti”.

Thomas Edison

“Non importa quante volte cadi, ma quante volte cadi e ti rialzi”.

Vince Lombardi

“Sono grato a tutte quelle persone che mi hanno detto NO. È grazie a loro se sono quel che sono”

Albert Einstein

“Non impari a camminare seguendo delle regole. Lo impari provando e cadendo”

Sir Richard Branson

“Posso accettare il fallimento. Ma non posso accettare di non provarci affatto”.

Michael Jordan

Ti auguro Cieli Azzurri e Vola sempre in alto!

Raffaele

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